Arrivando quassù una domanda sorge spontanea: di cosa può vivere una città di 236000 abitanti incastonata tra montagne brulle e aspre(bellissime!!) senza nessuna attività turistica o industriale o agricola? Non ne ho la più pallida idea.
Benvenuto ad Hakkari, nel Kurdistan più Kurdo, mi hanno detto. Effettivamente tutti orgogliosamente ti dicono di essere kurdi. E la presenza massiccia dell’esercito lo conferma.
Arrivare quassù non è stato facile per niente. Un po’ me lo aspettavo, ma è stato molto peggio del previsto.
Sono partito da Mardin abbastanza presto. Giù veloce dalla collina con la bella luce e il fresco (relativo) del mattino presto verso la pianura della Mesopotamia(che nome mitico!) . La strada è molto ben tenuta, si va veloci. Si corre lungo la frontiera con la Siria, i reticolati lambiscono la strada. Il paesaggio è fatto di campi molto ben lavorati soprattutto dal lato turco, perché esiste un sistema di irrigazione molto efficiente che parte dall’Eufrate (altro nome mitico!) e permette anche coltivazioni immense di cotone, altrimenti qua sarebbe un semideserto. Pochi villaggi e tutti in lontananza.
Dopo 200 km di corsa ho il primo inconveniente meccanico: mi si spezza la staffa che regge il portabagagli anteriore. No problem. Al primo distributore c’è anche un meccanico che in quattro e quattrotto me lo ripara.
Si comincia a salire verso nord abbandonando la pianura mesopotamica. L’ambiente diventa via via più ostile, ma più affascinante. I colori della terra e delle rocce vanno dal grigio al giallo al rosso. Sembra davvero l’inizio del deserto. Campi coltivati quasi inesistenti e finalmente cominciano a spuntare i famosi “pastori erranti dell’Asia”. Qualche ruscello striminzito porta un po’ di verde nel fondovalle. Dopo una cittadina orribile dovrei girare a sinistra ma non mi accorgo del cartello e proseguo dritto , anche perché affascinato dalla vista del fiume Tigri(altro nome mitico), e proseguo lungo il fiume per ben 45 km, finchè mi ritrovo in un altro paese orribile con una coda interminabile di camion: ero arrivato al confine irakeno.
Incazzato nero per lo stupido errore torno indietro e questa volta mi infilo sulla giusta strada.
Più si prosegue e più la strada diventa difficile. A un certo punto diventa un cantiere aperto e per una 20 di km si va sulla breccia non sempre rassodata, schivando macchine operatrici, schizzi di catrame e camion che corrono come al solito . E io mangio tanta polvere. Ma il panorama diventa sempre più bello fatto di rocce di un rosso intenso e vallate strette e verdissime per i fiumi che ora sono davvero fiumi. Tanti piccoli villaggi con stuoli di bambini che mandano tanti Hallo!. Appena mi fermo per comprare un po’ di acqua mi circondano in una decina e vogliono sapere come mi chiamo e da dove vengo. Effettivamente non devono passare molti turisti, capisco la curiosità, però sono piuttosto aggressivi . Chiedono “money,money” e una volta mi sono accorto che cercavano di aprire una borsa. Insomma mi ricordano gli sciscià napoletani, simpatici, però……
Nel paesaggio bisogna metterci anche l’esercito turco. L’imponente spiegamento di forze, che ovviamente non so giudicare se esagerato , dice chiaramente chi sia il padrone. I posti di blocco sono tantissimi, a me hanno fermato e controllato il passaporto ben 5 volte in 170 km. Sempre molto gentili e simpatici con me(qualche soldato parlava anche un buon inglese) però mette sempre i brividi passare tra autoblindo e militari in assetto di guerra.
Con tutti questi inconvenienti sono arrivato a circa 60 km da Hakkari quasi al buio, e io odio guidare al buio per strade che non conosco, senza catarifrangenti ai lati e con qualche buca improvvisa. Ma ecco che quasi per incanto la strada migliora, compare anche la striscia di mezzeria e perfino una luna piena luminosissima per l’aria secca di queste parti. E poi si dice che la provvidenza non esiste!!
Finalmente alle otto , stanco morto, arrivo in città. Una città che più la guardo(sto scrivendo dalla terrazza dell’unico hotel aperto) più mi sembra bruttina e caotica.
Poco dopo di me, mentre sto ancora facendo il Chek-in ,arrivano tre motociclisti italiani e di Firenze per giunta. Naturalmente abbiamo fraternizzato e passato insieme la serata.
Oggi si va in Iran,INSH’ALLHA.
Benvenuto ad Hakkari, nel Kurdistan più Kurdo, mi hanno detto. Effettivamente tutti orgogliosamente ti dicono di essere kurdi. E la presenza massiccia dell’esercito lo conferma.
Arrivare quassù non è stato facile per niente. Un po’ me lo aspettavo, ma è stato molto peggio del previsto.
Sono partito da Mardin abbastanza presto. Giù veloce dalla collina con la bella luce e il fresco (relativo) del mattino presto verso la pianura della Mesopotamia(che nome mitico!) . La strada è molto ben tenuta, si va veloci. Si corre lungo la frontiera con la Siria, i reticolati lambiscono la strada. Il paesaggio è fatto di campi molto ben lavorati soprattutto dal lato turco, perché esiste un sistema di irrigazione molto efficiente che parte dall’Eufrate (altro nome mitico!) e permette anche coltivazioni immense di cotone, altrimenti qua sarebbe un semideserto. Pochi villaggi e tutti in lontananza.
Dopo 200 km di corsa ho il primo inconveniente meccanico: mi si spezza la staffa che regge il portabagagli anteriore. No problem. Al primo distributore c’è anche un meccanico che in quattro e quattrotto me lo ripara.
Si comincia a salire verso nord abbandonando la pianura mesopotamica. L’ambiente diventa via via più ostile, ma più affascinante. I colori della terra e delle rocce vanno dal grigio al giallo al rosso. Sembra davvero l’inizio del deserto. Campi coltivati quasi inesistenti e finalmente cominciano a spuntare i famosi “pastori erranti dell’Asia”. Qualche ruscello striminzito porta un po’ di verde nel fondovalle. Dopo una cittadina orribile dovrei girare a sinistra ma non mi accorgo del cartello e proseguo dritto , anche perché affascinato dalla vista del fiume Tigri(altro nome mitico), e proseguo lungo il fiume per ben 45 km, finchè mi ritrovo in un altro paese orribile con una coda interminabile di camion: ero arrivato al confine irakeno.
Incazzato nero per lo stupido errore torno indietro e questa volta mi infilo sulla giusta strada.
Più si prosegue e più la strada diventa difficile. A un certo punto diventa un cantiere aperto e per una 20 di km si va sulla breccia non sempre rassodata, schivando macchine operatrici, schizzi di catrame e camion che corrono come al solito . E io mangio tanta polvere. Ma il panorama diventa sempre più bello fatto di rocce di un rosso intenso e vallate strette e verdissime per i fiumi che ora sono davvero fiumi. Tanti piccoli villaggi con stuoli di bambini che mandano tanti Hallo!. Appena mi fermo per comprare un po’ di acqua mi circondano in una decina e vogliono sapere come mi chiamo e da dove vengo. Effettivamente non devono passare molti turisti, capisco la curiosità, però sono piuttosto aggressivi . Chiedono “money,money” e una volta mi sono accorto che cercavano di aprire una borsa. Insomma mi ricordano gli sciscià napoletani, simpatici, però……
Nel paesaggio bisogna metterci anche l’esercito turco. L’imponente spiegamento di forze, che ovviamente non so giudicare se esagerato , dice chiaramente chi sia il padrone. I posti di blocco sono tantissimi, a me hanno fermato e controllato il passaporto ben 5 volte in 170 km. Sempre molto gentili e simpatici con me(qualche soldato parlava anche un buon inglese) però mette sempre i brividi passare tra autoblindo e militari in assetto di guerra.
Con tutti questi inconvenienti sono arrivato a circa 60 km da Hakkari quasi al buio, e io odio guidare al buio per strade che non conosco, senza catarifrangenti ai lati e con qualche buca improvvisa. Ma ecco che quasi per incanto la strada migliora, compare anche la striscia di mezzeria e perfino una luna piena luminosissima per l’aria secca di queste parti. E poi si dice che la provvidenza non esiste!!
Finalmente alle otto , stanco morto, arrivo in città. Una città che più la guardo(sto scrivendo dalla terrazza dell’unico hotel aperto) più mi sembra bruttina e caotica.
Poco dopo di me, mentre sto ancora facendo il Chek-in ,arrivano tre motociclisti italiani e di Firenze per giunta. Naturalmente abbiamo fraternizzato e passato insieme la serata.
Oggi si va in Iran,INSH’ALLHA.
Ciao! Come posso contattarti? Andrò ad Hakkari e vorrei qualche dritta
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