mercoledì 31 agosto 2011

DA HAKKARI A TABRIZ 14 Agosto

La partenza è stata movimentata da una invasione in grande stile della polizia e dell’esercito turco nel nostro albergo(l’unico decente della città) dove si doveva tenere un meting con qualche politico importante. C’era di tutto: dai poliziotti in assetto antisommossa ai blindati dell’esercito nella piazza antistante, ai cani antibomba che sono passati per tutte le camere. Meglio partire…..

La prima parte è stata spettacolare perché la strada correva nella valle stretta e rocciosa della sera precedente, con un bellissimo fiume che le correva accanto. Poi il panorama si è aperto ritornando nella normalità di tanti campi coltivati e trattori che vanno e vengono .

Il bello è venuto alla frontiera turco –iraniana. Si tratta di una frontiera poco usata dai camion perché fuori delle strade di grande comunicazione. Contento perché pregustavo operazioni rapide mi sono recato al primo controllo. Beh, sono riuscito a entrare in Iran dopo tre ore. Innanzi tutto non si capiva bene cosa si doveva fare, quale sequenza di controlli seguire. E poi ,siccome era l’ora di pranzo, l’impiegato della dogana era andato a mangiare senza nessuna sostituzione. Il tutto in un caldo asfissiante e in un edificio che cadeva a pezzi. Ma guai a dare in escandescenze, meglio prenderla a ridere e fare quattro chiacchere con gli altri malcapitati.

Eccoci in Iran. Paesaggio quasi immediatamente più brullo che in Turchia, ma bello da vedere. A Orumahie c’ è un lago salato molto grande e in via di prosciugamento anche questo, bello da vedere alla luce della sera.

La strada è buona e corro verso Tabriz, dove spero di incontrare Arash, un universitario che avevo conosciuto nella mia prima visita in Iran e sempre in vespa di tre anni fa. Non so come farglielo sapere ma il problema è presto risolto: mi fermo al lato della strada per vedere la carta e fumare la solita sigaretta e dopo 60 secondi accosta una macchina . Scende un tipo tutto sorridente e stringendomi la mano mi fa capire in perfetto farsi che voleva sapere da dove venivo, dove ero diretto e come mi chiamavo (le domande che tutti ti fanno). Insomma Arash è stato messo al corrente del mio arrivo con il cellulare dell’amico improvvisamente apparso. Questo è il biglietto da visita della gente iraniana: grande senso di ospitalità e voglia di fraternizzare con lo straniero.

Incontro Arash alle dieci di sera perché nella bolgia di Tabriz non riuscivo a trovare la Moschea Blu, dove mi aveva dato appuntamento.

Sicuramente non l’avrei mai riconosciuto se non mi avesse chiamato lui. Lo ricordavo come uno studentello del primo anno , tranquillino e quasi timido e lo ritrovo con barba e capelli lunghi e l’espressione da intellettuale che ci davamo nel 68. In mezz’ora ci raccontiamo le nostre cose e poi sono dovuto andare a casa sua, quasi per forza. This is Iran.

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