Mi alzo prestissimo, alle 4 circa, perche non voglio viaggiare con il caldo e voglio lasciare al più presto questo albergo orribile. Alle 5,30 sono pronto per partire (le operazioni della partenza sono sempre complicate per tutti i bagagli che devo caricare).
E’ ancora notte e abbastanza fresco, circa 30 gradi). Vado molto piano perché si vede molto poco e è meglio non rischiare la buca malefica che può rovinare tutto. L’alba sul deserto è bellissima, finalmente un cielo limpido. La cosa mi mette molta allegria e voglia di correre prima che diventi troppo caldo. E poi sono tanti i km per Mashad. Filo via come il vento, brava vespetta , sei magica.
Dopo tre quattro ore compare il primo abbozzo di vegetazione e i primi campi coltivati. Da dove venga quell’acqua non lo so proprio. Comunque mi sento già fuori dal deserto. Prima città Ferdows , brutta come tutte le città iraniane che attraverso, però almeno mi posso comprare della meravigliosa acqua ghicciata e fare benzina.
Fino a Mashad il paesaggio passa dal semideserto a zone coltivate, tutto pianeggiante e rettilinei angoscianti.
Eccomi finalmente a Mashad: città enorme ( 3 milioni di abitanti) brutta , of course, ma per lo meno hanno piantato molti alberi, che mettono allegria e fanno ombra (non ho mai sentito il bisogno di ombra come in Iran, perché con questo clima tra ombra e sole c’è una differenza di temperatura enorme). Trovo alloggio in Imam Komeini street (facile no!!). Hotel Pars. Il proprietario è un iraniano che ha vissuto diversi anni in Inghilterra, e dai modi di fare è più inglese degli inglesi, con un accento oxfordiano. Non so che lavoro facesse all’estero, ma sembra un vero gentleman. E il suo albergo è trasandato come sanno essere solo gli inglesi (Inglesi di tutto il mondo non ve ne abbiate a male perché sapete che vi amo!!). Comunque accetto il prezzo e mi sistemo lì.
Dormo dalle sei del pomeriggio sino alle sei di mattina, ne avevo proprio bisogno.
E’ ancora notte e abbastanza fresco, circa 30 gradi). Vado molto piano perché si vede molto poco e è meglio non rischiare la buca malefica che può rovinare tutto. L’alba sul deserto è bellissima, finalmente un cielo limpido. La cosa mi mette molta allegria e voglia di correre prima che diventi troppo caldo. E poi sono tanti i km per Mashad. Filo via come il vento, brava vespetta , sei magica.
Dopo tre quattro ore compare il primo abbozzo di vegetazione e i primi campi coltivati. Da dove venga quell’acqua non lo so proprio. Comunque mi sento già fuori dal deserto. Prima città Ferdows , brutta come tutte le città iraniane che attraverso, però almeno mi posso comprare della meravigliosa acqua ghicciata e fare benzina.
Fino a Mashad il paesaggio passa dal semideserto a zone coltivate, tutto pianeggiante e rettilinei angoscianti.
Eccomi finalmente a Mashad: città enorme ( 3 milioni di abitanti) brutta , of course, ma per lo meno hanno piantato molti alberi, che mettono allegria e fanno ombra (non ho mai sentito il bisogno di ombra come in Iran, perché con questo clima tra ombra e sole c’è una differenza di temperatura enorme). Trovo alloggio in Imam Komeini street (facile no!!). Hotel Pars. Il proprietario è un iraniano che ha vissuto diversi anni in Inghilterra, e dai modi di fare è più inglese degli inglesi, con un accento oxfordiano. Non so che lavoro facesse all’estero, ma sembra un vero gentleman. E il suo albergo è trasandato come sanno essere solo gli inglesi (Inglesi di tutto il mondo non ve ne abbiate a male perché sapete che vi amo!!). Comunque accetto il prezzo e mi sistemo lì.
Dormo dalle sei del pomeriggio sino alle sei di mattina, ne avevo proprio bisogno.
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