mercoledì 31 agosto 2011

TARAZ 31 agosto

Sarei dovuto arrivare ieri a Taraz ma un inconveniente tecnico mi ha costretto a fermarmi a Shimkent, 200 km prima. Pensavo di attraversa il confine Uzbeko-Kazako a Cernjevca che è a due passi da Taskent, dove avevo passato la notte. Mi sono presentato di buon ora alla sbarra ma con mia grande sorpresa il poliziotto mi fa capire che il confine è chiuso ai veicoli. Quello più vicino è a solo 90 km più a sud, il che significa fare 180 km in più. Da queste parti basta poco e ti ritrovi nell’impossibilità di passare da un paese all’altro. Del resto questi paesi si guardano in cagnesco, da bravi ex fratelli in nome del comunismo.
Ormai sono nell’ottica di arrivare prima possibile ad Almaty e non ho trovato neanche il tempo di aggiornare il mio diario. Faccio un breve riassunto.

Buchara.
Mi sono fermato due giorni per riprendere un po’ il fiato e cambiare la gomma posteriore della vespa  perché ne aveva bisogno. Ed è stata un’esperienza interessante anche questa.
Vengo accompagnato da un ragazzo dell’albergo da un primo meccanico che aveva ricavato l’officina da una capanna all’interno di un tipico cortile chiuso alla periferia di Bucara. Il posto è bello perché pieno di alberi da frutta e galline che razzolano tutt’intorno. Anche il meccanico è simpatico e ha l’espressione competente, ma gli mancano gli attrezzi. Quando comincia a svitare la prima vite si accorge che non è per lui la mia vespa, e dopo un’oretta chiama in soccorso un altro meccanico, con esperienza negli scooter.  Allora si riparte e andiamo in un’ altra officina. Il meccanico capo ( il master ) è molto giovane e alla vista della vespa si entusiasma, e vai con infinite domande sulle caratteristiche tecniche della mia belva. E beviamo tanto chai. Si mettono al lavoro in tre, ma è difficile anche per loro data la pochezza degli  attrezzi che hanno. Ci mettono tre ore, ma alla fine ce la fanno e la mia vespa ha una gomma nuova. La cosa buffa è  che ogni cliente che  arrivava contribuiva anche lui alla riparazione cosicchè alla fine ci avranno messo le mani almeno una decina di persone. Devo dire che mi sono  divertito anche se ogni volta che martellavano quelle povere viti  mi veniva lo sconforto.
Bucara mi è piaciuta, nonostante i restauri e i rifacimenti che hanno fatto, nonostante i tanti alberghi e i negozi di tappeti e artigianato vario. La struttura è rimasta intatta e il vecchio quartiere ebraico non è stato stravolto. Ci sono molti turisti (molti gli italiani),è vero, però si respira una bella atmosfera, soprattutto dopo il tramonto; nei vicoli semibui scorre la vita normale , con gente normale che spesso indossa i tradizionali vestiti uzbeki.

Samarcanda.
La mitica città sulla via della seta è stata una grande delusione. Sono stato qui 15 anni fa e da allora tutto è cambiato. E’ vero che i monumenti principali sono sempre stupendi, ma non ci sono più i vecchi quartieri, rasi al suolo per far posto a boulevard  larghissimi, sempre molto alberati, e spazi enormi tutti lastricati e con aiuole che c’entrano  poco con l’ambiente centroasiatico (che c’azzeccano gli abeti?). E poi è pulitissima, quanto e forse più di una città svizzera. Insomma mi sembra  finta, senz’anima. In centro è rimasto un piccolo scampolo di città vecchia dove si può trovare la vita dei vicoli asiatici, ma circondato da un muro nuovo alto 4-5 metri per  non farlo vedere ai turisti, quasi fosse uno scandalo. Sembra però che presto anche questo sparirà.

Taskent.
Anche questa città è sempre più perfetta e pulita (Karimov deve essere un igienista incredibile). Non mi interessa andare in giro, mi riposo.
Verso sera, avvisata da mia moglie, arriva la Natasha , nostra amica, con una bellissima rosa rossa , una bottiglia di vino e del cibo da lei cucinato: festeggiamo il mio 62 compleanno.

Shimkent (Kazakstan)
Niente da dire sulla città. Da ricordare una serata passata con un altro motociclista ( un tedesco )che tra un shaslik e una birra mi ha raccontato il suo viaggio in Pamir. Ne era entusiasta. Prima o poi debbo andarci anch’io. Meglio prima che poi perché il tempo comincia a mancare.

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