mercoledì 31 agosto 2011

TARAZ 31 agosto

Sarei dovuto arrivare ieri a Taraz ma un inconveniente tecnico mi ha costretto a fermarmi a Shimkent, 200 km prima. Pensavo di attraversa il confine Uzbeko-Kazako a Cernjevca che è a due passi da Taskent, dove avevo passato la notte. Mi sono presentato di buon ora alla sbarra ma con mia grande sorpresa il poliziotto mi fa capire che il confine è chiuso ai veicoli. Quello più vicino è a solo 90 km più a sud, il che significa fare 180 km in più. Da queste parti basta poco e ti ritrovi nell’impossibilità di passare da un paese all’altro. Del resto questi paesi si guardano in cagnesco, da bravi ex fratelli in nome del comunismo.
Ormai sono nell’ottica di arrivare prima possibile ad Almaty e non ho trovato neanche il tempo di aggiornare il mio diario. Faccio un breve riassunto.

Buchara.
Mi sono fermato due giorni per riprendere un po’ il fiato e cambiare la gomma posteriore della vespa  perché ne aveva bisogno. Ed è stata un’esperienza interessante anche questa.
Vengo accompagnato da un ragazzo dell’albergo da un primo meccanico che aveva ricavato l’officina da una capanna all’interno di un tipico cortile chiuso alla periferia di Bucara. Il posto è bello perché pieno di alberi da frutta e galline che razzolano tutt’intorno. Anche il meccanico è simpatico e ha l’espressione competente, ma gli mancano gli attrezzi. Quando comincia a svitare la prima vite si accorge che non è per lui la mia vespa, e dopo un’oretta chiama in soccorso un altro meccanico, con esperienza negli scooter.  Allora si riparte e andiamo in un’ altra officina. Il meccanico capo ( il master ) è molto giovane e alla vista della vespa si entusiasma, e vai con infinite domande sulle caratteristiche tecniche della mia belva. E beviamo tanto chai. Si mettono al lavoro in tre, ma è difficile anche per loro data la pochezza degli  attrezzi che hanno. Ci mettono tre ore, ma alla fine ce la fanno e la mia vespa ha una gomma nuova. La cosa buffa è  che ogni cliente che  arrivava contribuiva anche lui alla riparazione cosicchè alla fine ci avranno messo le mani almeno una decina di persone. Devo dire che mi sono  divertito anche se ogni volta che martellavano quelle povere viti  mi veniva lo sconforto.
Bucara mi è piaciuta, nonostante i restauri e i rifacimenti che hanno fatto, nonostante i tanti alberghi e i negozi di tappeti e artigianato vario. La struttura è rimasta intatta e il vecchio quartiere ebraico non è stato stravolto. Ci sono molti turisti (molti gli italiani),è vero, però si respira una bella atmosfera, soprattutto dopo il tramonto; nei vicoli semibui scorre la vita normale , con gente normale che spesso indossa i tradizionali vestiti uzbeki.

Samarcanda.
La mitica città sulla via della seta è stata una grande delusione. Sono stato qui 15 anni fa e da allora tutto è cambiato. E’ vero che i monumenti principali sono sempre stupendi, ma non ci sono più i vecchi quartieri, rasi al suolo per far posto a boulevard  larghissimi, sempre molto alberati, e spazi enormi tutti lastricati e con aiuole che c’entrano  poco con l’ambiente centroasiatico (che c’azzeccano gli abeti?). E poi è pulitissima, quanto e forse più di una città svizzera. Insomma mi sembra  finta, senz’anima. In centro è rimasto un piccolo scampolo di città vecchia dove si può trovare la vita dei vicoli asiatici, ma circondato da un muro nuovo alto 4-5 metri per  non farlo vedere ai turisti, quasi fosse uno scandalo. Sembra però che presto anche questo sparirà.

Taskent.
Anche questa città è sempre più perfetta e pulita (Karimov deve essere un igienista incredibile). Non mi interessa andare in giro, mi riposo.
Verso sera, avvisata da mia moglie, arriva la Natasha , nostra amica, con una bellissima rosa rossa , una bottiglia di vino e del cibo da lei cucinato: festeggiamo il mio 62 compleanno.

Shimkent (Kazakstan)
Niente da dire sulla città. Da ricordare una serata passata con un altro motociclista ( un tedesco )che tra un shaslik e una birra mi ha raccontato il suo viaggio in Pamir. Ne era entusiasta. Prima o poi debbo andarci anch’io. Meglio prima che poi perché il tempo comincia a mancare.

DA MARY A BUCHARA 26 agosto


Il visto del Turkmenistan è solo di transito, di 5 giorni, e considerando come sono burocraticamente fiscali decido che è meglio lasciare questo paese prima possibile, tanto non c’è molto da vedere. Ci sarebbero le rovine di Merv a una ventina di km da qui, nel deserto, ma un gruppo di italiani di “avventure nel mondo” incontrato ieri sera nel mio stesso albergo me ne ha parlato piuttosto male. Loro sono stati anche ad Ashkabad, la capitale, e sono rimasti impressionati dall’imponenza e stile kitch dei palazzi del potere. C’è persino un museo dedicato al leader maximo che ripercorre tutti i momenti significativi della vita di Turkmenbashi, padre dei turkmeni. Ecco lì la stupidità arriva ai massimi livelli. E il tutto ingabbiato in una struttura in marmo bianco. Quanti soldi buttati al vento! Facessero un po’ di strade che qui sono pessime!!

Il percorso da Mary a confine Uzbeko è di nuovo nel deserto. Sono 200 km circa di sabbia ma fortunatamente non fa troppo caldo, al massimo si raggiungono 102 gradi F. Tra una buca e l’altra arrivo al confine e squilla il mio cellulare. E’ Lorenzo che mi dice di essere ricoverato all’ospedale di Almaty per una polmonite. FINE DEL VIAGGIO.Nonostante le rassicurazioni sulla salute di Lori da parte di mia moglie non mi sento nello spirito della vacanza e ho bisogno di tornare al più presto a casa , ad Almaty. Rivedo tutti i miei progetti di andare in Pamir e Kyrghistan e decido di tagliare dritto verso nord e attraverso l’Uzbekistan arrivare in Kazakstan. Ci sono ancora 1500 km circa e in 5-6 giorni dovrei arrivare ad Almaty. L’uscita dal Turkmenistan è meno problematica del previsto ma devo ancora pagare tasse non so a che titolo (sempre su regolare ricevuta però). E invece gli Uzbeki sono sorprendentemente efficenti, qui hanno scoperto il computer per le registrazioni del caso e in un’ora circa posso ripartire alla volta di Bukara, altra mitica sosta delle carovane sulla via della seta. Il panorama cambia perché qui il sistema di irrigazione sovietico è ancora molto efficace, per cui la campagna è molto verde e ai lati della strada c’è una fila continua di alberi di gelso, usati per la coltivazione dei bachi da seta, e pioppi, che danno un’ombra ristoratrice al viaggiatore in vespa che, come si sa, non ha l’aria condizionata. Arrivo in tarda serata davanti all’Ark di Bucara , che è un vero e proprio castello dell’ultimo emiro . Un giovane dai modi molto gentili e in un inglese perfetto, quasi oxofordiano , mi propone l’albergo dove lavora. E’ a due passi da lì, è nuovo e molto pulito, e il prezzo giusto. Accetto soprattutto per il modo di fare di questo giovane: ha solo 18 anni e sembra entusiasta del lavoro che fa.
Buonanotte Buchara.

DA MASHAD A MARY 25 agosto

Mi avvio presto verso il confine turkmeno. Finalmente lascio l’Iran. Sì finalmente, perché non ne potevo più di questo paese depresso e represso. Gente splendida, cortesissima e disponibile come forse da nessun altra parte. Ma basta parlarci un po’ e rivela la propria tristezza, la disperata accettazione di questo moralismo medioevale, pervasivo di tutti i comportamenti  anche i più banali, come non poter fumare o bere in pubblico durante il ramadan.
Forse il mio giudizio negativo è condizionato dal periodo meno opportuno per visitare questo paese, con un caldo atroce e in ramadan. Mah, può darsi, però non sopporto i paesi dove tutto è comandata da qualcun altro in base alle sue idee non discutibili. E poi di esteticamente bello ho visto solo Yadz e la piazza di Esfahan ,il resto è da dimenticare.
Iran ti lascio volentieri e mi dispiace per la tua gente.
Corro verso il Turkmenistan in un paesaggio piatto, poca vegetazione e tanti pastori. Villaggi minuscoli di paglia e fango.
Il passaggio della frontiera come al solito richiede almeno tre ore .La parte iraniana è abbastanza veloce, ma quella Turkmena  arriva a dei livelli di burocratismo addirittura comici. Son dovuto passare attraverso una decina di uffici, mostrare continuamente il passaporto e tutti che compilavano moduli in duplice copia con relativa carta carbone. Il massimo è stato entrare in una stanza con 5 scrivanie, in ognuna due addetti , uno compilava un modulo e l’altro lo registrava su un librone. E poi timbri su timbri e firme e controfirme: non ci ho capito nulla, so solo che ho dovuto pagare una cinquantina di dollari ( su regolare ricevuta) per tasse varie, tra cui tasse di registrazione e di disinfezione di veicolo. Chissà che batteri può portare la vespa!! Che abbiano capito che ha un nome di insetto?
Tanti sorrisi e ringraziamenti e mi avvio verso Mary. Con mia grande sorpresa rivedo le donne e non più tante macchie nere e informi. Qui indossano vestiti coloratissimi , lunghi fino alle caviglie, ma leggeri e fluttuanti. E sono anche belle. E quando chiedo informazioni mi guardano diritto negli occhi!! Mi sembra di essere tornato in un mondo libero, dimenticando che qui c’è una delle dittature più assurde dell’Asia centrale  impostata sul culto della personalità del leader maximo.
La strada è pessima, completamente deformata e piena di buche. Si lotta per non cadere.
Quando arrivo a Mary è ormai buio e per trovare un albergo giro diverse volte per il centro, In compenso faccio in tempo a vedere certi monumenti e palazzi del potere incredibilmente kitch, tutti in marmo bianco che devono essere costati una fortuna. E su ogni facciata c’è la foto gigantesca del presidente seduto alla scrivania intento a lavorare per il bene del paese, naturalmente.
Trovo finalmente sistemazione in un albergo decente. Proprio lì accanto c’è  un ristorante da cui proveniva musica a tutto volume. Mi ci infilo e finalmente vedo gente che magia e balla e beve a tutto spiano. Oh! Finalmente un po’ di vita!! E vai con shaslik e due birre. 
 

MASHAD 24 agosto

Ho fatto tappa a Mashad solo perché dovevo prendere il visto di transito per il Turkmenistan. Alle otto sono già davanti alla porta del consolato. Dovrebbero aprire alle 8,30 ma fino alle 9,30 non si fa vivo nessuno.
I turkmeni sono maestri nel complicare le cose semplici: ho dovuto discutere per mezz’ora con l’impiegato perché il visto di proseguimento per l’Uzbekistan era su un mio vecchio passaporto e non su quello nuovo che ho appena rifatto perché le pagine erano finite. Dopo una serie di telefonate si convince che avevo diritto al visto ma me ne fa uno doppio, sul vecchio passaporto e su quello nuovo, e così spendo 100 dollari anziché la metà.
Comunque , contento come una pasqua, a mezzogiorno posso avere il mio visto.
Mashad è una città meta di pellegrinaggio degli sciiti perché c’è la tomba di non so quale importante Imam e il Ramadam è particolarmente sentito. Non c’è donna senza hijab e ho visto qualcuna anche con il burka. Semplicemente penoso.
Non c’è niente da vedere o da fare a Mshad, per cui mi rintano nel mio albergo decadente cercando inutilmente di di aprire il mio blog o la mia posta. Non c’è verso.
Ma per fortuna compare il figlio del proprietario, un giovane di una trentina di anni, con cui ho una piacevole conversazione. Ho esternato tutte le mie critiche sul paese che lui condivideva a pieno, però di fronte al mio scetticismo per la possibilità di cambiamento  mi ha parlato di una società dalla doppia morale, terribilmente ipocrita, dove tutto quello che non si fa in pubblico si può fare in privato. L’importante è che i mullah non vedano. Del resto vuoi che i giovani (tra l’altro il 70% della popolazione ha meno di 30 anni) non abbiano nessun tipo di rapporto con l’altro sesso? O che le donne siano contente a vestire in quel modo anche a 40 gradi di temperatura? O che desiderino tutte a vivere chiuse in casa in attesa di qualcuno che le sposi?
Può darsi che tu abbia ragione , caro amico, ma che tristezza!!!

DA TABAS A MASHAD 23 Agosto


Mi alzo prestissimo, alle 4 circa, perche non voglio viaggiare con il caldo e voglio lasciare al più presto questo albergo orribile. Alle 5,30 sono pronto per partire (le operazioni della partenza sono sempre complicate per tutti i bagagli che devo caricare).

E’ ancora notte e abbastanza fresco, circa 30 gradi). Vado molto piano perché si vede molto poco e è meglio non rischiare la buca malefica che può rovinare tutto. L’alba sul deserto è bellissima, finalmente un cielo limpido. La cosa mi mette molta allegria e voglia di correre prima che diventi troppo caldo. E poi sono tanti i km per Mashad. Filo via come il vento, brava vespetta , sei magica.

Dopo tre quattro ore compare il primo abbozzo di vegetazione e i primi campi coltivati. Da dove venga quell’acqua non lo so proprio. Comunque mi sento già fuori dal deserto. Prima città Ferdows , brutta come tutte le città iraniane che attraverso, però almeno mi posso comprare della meravigliosa acqua ghicciata e fare benzina.

Fino a Mashad il paesaggio passa dal semideserto a zone coltivate, tutto pianeggiante e rettilinei angoscianti.

Eccomi finalmente a Mashad: città enorme ( 3 milioni di abitanti) brutta , of course, ma per lo meno hanno piantato molti alberi, che mettono allegria e fanno ombra (non ho mai sentito il bisogno di ombra come in Iran, perché con questo clima tra ombra e sole c’è una differenza di temperatura enorme). Trovo alloggio in Imam Komeini street (facile no!!). Hotel Pars. Il proprietario è un iraniano che ha vissuto diversi anni in Inghilterra, e dai modi di fare è più inglese degli inglesi, con un accento oxfordiano. Non so che lavoro facesse all’estero, ma sembra un vero gentleman. E il suo albergo è trasandato come sanno essere solo gli inglesi (Inglesi di tutto il mondo non ve ne abbiate a male perché sapete che vi amo!!). Comunque accetto il prezzo e mi sistemo lì.

Dormo dalle sei del pomeriggio sino alle sei di mattina, ne avevo proprio bisogno.

DA YADZ A TABAS 22 agosto

E’ mattina presto e ancora non ho deciso se proseguire diretto per Mashad attraverso il deserto o andare verso Teheran su una strada che lo costeggia.

Gli altri proseguono ma non fino a Mashad perché devono tornare in Italia, le loro vacanze stanno per finire e affrettano il rientro.

Mi butto: proseguo.

E’ stata davvero una giornata difficile. Ormai le oasi sono rare e il caldo è sempre più insopportabile. Ci sono almeno 130 km di rettilineo totalmente piatto, senza anima viva , anche i camion si fanno sempre più rari. Meno male che la vespa sembra non risentire della situazione e va benissimo: che bestia!!

Il cielo è addirittura bianco, come quando sta per nevicare. E non si riesce a vedere troppo lontano perché sembra ci sia una sorta di nebbiolina. Ogni 10-20 km mi devo fermare a bere, acqua calda naturalmente.

Dopo una corsa di 450 km arrivo a Tabas. Esausto. La L.P dice che era la perla del deserto, meta obbligata di tutte le carovane (ah! Ho visto anche i cammelli!!), ma fu distrutta da un terremoto violento nel 1978 facendo 26000 vittime. Ora è una città nuova e bruttissima. Meno male hanno avuto il buon gusto di piantare un po’ di palme, altrimenti sarebbe invivibile e inguardabile. Mi sistemo presso l’unico albergo esistente, incazzandomi con il tenutario perché mi chiede subito i soldi e quando mi mostra la stanza mi verrebbe da vomitare. Però , come si dice o bere o affogare. Bevo naturalmente.

A Tabas non c’è niente da vedere o da fare, per cui esco di notte, dopo il canto del muezzin che annuncia che si può mangiare e bere. Non racconto la cena perché è meglio dimenticare. Anche la gente qui mi sembra più scorbutica che nel resto del paese. Ma forse sono troppo stanco, meglio dormire più possibile, perché domani mi aspettano gli ultimi 550 km di deserto fino a Mashad.

DA PERSEPOLIS A YADS 21 agosto

Non è stato facile decidere quale percorso fare per la risalita verso Mashad, cioè verso il Turkmenistan, perché il deserto mi incute un certo timore considerando le temperature di questo periodo e l’incognita della condizione della strada. E poi a chiunque abbia chiesto informazione sul percorso m ha sempre sconsigliato.

Parto per Yadz, infondo sono solo 200 km di deserto e da lì riprendere la strada principale per Teheran e poi Mashad.

Il caso ha voluto che proprio mentre stavo per imboccare la via per Yadz vedo arrivare da lontano tre motociclisti con il faro acceso (segno distintivo di stranieri). Erano proprio i tre fiorentini che avevo conosciuto in Kurdistan: Daniele, Francesco e Roberto. Mi ha fatto grande piacere rivederli se non altro perché viaggiare con altri in certe situazioni do un certo conforto.

Dopo grandi saluti e racconti su quello che avevamo fatto nei giorni scorsi, siamo partiti alla volta di Yadz. Naturalmente loro avanti a me perché con le loro moto monster vanno molto più veloci.

Le condizioni della strada sono davvero buone, a tratti è una autostrada. Piacevole sorpresa. Il caldo aumenta ma ancora abbastanza sopportabile in vespa. Fortunatamente ogni 40-50 km ci sono dei villaggi dove si può bere qualcosa di ghiacciato e volendo fare rifornimento di carburante. In fondo non è poi così deserto questo deserto. Il paesaggio nei lunghi tratti di pianura è molto monotono, angosciante, ma diventa affascinante appena si sale in montagna, con le rocce che cambiano continuamente di colore e in lontananza si vedono minuscoli villaggi di pastori che vivono in case di fango e paglia. Evidentemente lì c’è un po’ d’acqua.

Dopo 200 km di saliscendi arrivo in vista di Yadz, laggiù in pianura. Ora la temperatura è davvero atroce, 120 gradi F.

Yadz è una bella città, Ha conservato intatto il vecchio centro storico da oasi del deserto, con i suoi vicoli stretti e le case di fango. Una bella caratteristica di queste abitazioni sono le torri del vento, con le quali riescono a catturare ogni minimo refolo d’aria che passando attraverso una serpentina di tubi di acqua fredda diminuisce di temperatura e scende verso il basso nelle case. Un ingegnoso sistema di aria condizionata senza consumo di energia. E funziona davvero bene!!

Mi piace questa città, senz’altro la cosa più bella che ho visto sinora. Naturalmente facendo finta che non esista la parte moderna che è brutta come dappertutto.

Anche l’albergo è interessante : è stato ricavato da un’antica casa e ha un patio interno molto fresco, pieno di piante e fiori. Il tutto ristora molto dalla fatica del primo giorno di deserto.

PERSEPOLIS 20 agosto

Giornata dedicata alla visita al sito archeologico di Persepolis.
Era da tempo che sognavo di visitare questo posto e confesso che il motivo principale per cui ho fatto una deviazione di circa 3000 km tra andata e ritorno dalla strada più diretta per l’Asia centrale era proprio per vedere Persepolis.
Il posto è sicuramente interessante e anche alcune parti dell’antica capitale della Persia nel periodo di suo massimo splendore, però onestamente mi aspettavo molto di più. C’è rimasto molto poco , probabilmente le cose migliori si trovano nei musei occidentali. Insomma sono rimasto piuttosto deluso. Se penso poi alla fatica che ho fatto per arrivare sin qua mi arrabbio pure. Comunque dovevo togliermi questa curiosità.
Durante la visita ho contato solo una decina di stranieri di cui almeno 5 italiani: io e due coppie di romani con uno dei mariti incazzato nero perché la moglie lo chiamava continuamente mentre lui si soffermava a fare le foto.
Pomeriggio passato a meditare sul percorso da fare domani (deserto o non deserto??), e a ubriacarmi di coca cola e succhi di frutta.
Ho deciso: deserto almeno fino a Yazd, poi si vedrà.

DA ESFAHAN A PERSEPOLIS 19 agosto

Lunghissimo trasferimento anche oggi, quasi 500 km.

Io e la vespa siamo andati davvero forte oggi. Il caldo era meno insopportabile del solito (98-100 gradi F)

La strada molto larga e ben fatta. Meno camion del solito, ma sempre troppi per i miei gusti. Ogni volta che mi sorpassano tiro un sospiro di sollievo, “è andata bene anche stavolta” mi dico. Un paesaggio sempre più arido e piatto mi ha accompagnato per i primi 300 km, ma all’improvviso , dopo una salita neanche tanto lunga, si è aperta una valle ben coltivata e verde come non avevo visto da tempo. Qui scorre un fiume ancora con un pò d’ acqua e viene sfruttato all’ultima goccia. Potenza dell’acqua! Cambia completamente tutto. Solo a vedere questo paesaggio ci si sente molto più allegri.

Siamo nella vallata che porta a Shiraz quella del famoso vino Shiraz appunto. Non credo però che possano più produrlo: l’Iran è un paese completamente free alcool ( in teoria, perché in realtà tutti ammettono che lontano da occhi indiscreti si beve e tanto (alcool)

Non vado fino a Shiraz ,mi fermo a Persepolis che è lo scopo della mia corso verso sud Iran. Proprio vicino al sito archeologico trovo un resort di bungalow niente male. Una volta sistemato e docciato faccio un giro per vedere meglio l’ambiente. Bene scopro di essere l’unico ospite , ho una struttura di almeno una trentina di bungalow tutta per me. Silenzio assoluto. Buona notte.

Esfahan 18 agosto

La prima impressione che avevo avuto ieri sera arrivando è senz’altro da confermare. La città è interessante e piacevole.

Le strade sono molto alberate, dio solo sa quanto c’è bisogno di ombra da queste parti. Il centro storico ha dei gioielli di assoluto rispetto: la piazza Imam (Imam meidani) è davvero speciale . Si dice che sia appena più piccola di Tienammen square, ma molto ben rifinita circondata com’è da un loggiato molto raffinato. E in fondo alla piazza c’è una moschea bellissima, tra le più belle che mi è capitato di vedere. Altra cosa interessante il bazar ma solo nella parte più antica, quella dove sono le gioiellerie, il resto assomiglia ad altri bazar già visti.

Il caldo è davvero esagerato, ma girare sotto i portici della piazza e per le strade alberate è abbastanza sopportabile. Certo non è il momento migliore dell’anno per venire da queste parti. Infatti ho incontrato pochissimi turisti stranieri: una coppia di francesi e un giapponese.

Da segnalare che ho perso la mia guida L.P. ,l’ho stupidamente lasciata su una panchina . Mi sono sentito improvvisamente perso in Iran: come avrei fatto a trovare gli alberghi e i siti interessanti da vedere? Fortunatamente il portiere del mio hotel mi ha saputo indirizzare dove acquistarne un’altra e per giunta è una L.P. della stessa edizione dell’altra, in Inglese però.

Devo dire che sono sempre più sorpreso della disponibilità della gente ad aiutarti e della gran voglia che hanno di comunicare con lo straniero. E sono molti quelli che masticano un po’ di inglese. Ho notato che quando chiedo informazioni, sempre ad un maschio naturalmente, se c’è presente una donna ci puoi contare che è lei che risponde in inglese. La cosa mi fa piacere perché è l’unico modo di scambiare quattro chiacchiere con una donna.

Povere donne iraniane! Vederle intabarrate in quel modo con questo caldo mi fanno una gran pena.

DA TAKESTAN A ESFAHAN 17 agosto

E’ stata senza dubbio la giornata più faticosa da quando sono in viaggio.

Il paesaggio è ormai quasi desertico, tanto arido che non si vedono più i pastori con le loro greggi. Totalmente pianeggiante quindi noioso. Un vento forte di traverso mi ha perseguitato per tutta la giornata, ed era così forte che sollevava tanta polvere che a volte sembrava di essere avvolti nella nebbia. Fortunatamente la strada è accettabile anche se piena di insidie. Il tutto ad una temperatura tra i 105 e 110 gradi F.

Ciò che distingue le strade Iraniane da quelle Turche è la totale mancanza di punti di ristoro. I distributori di benzina turchi oltre ad essere frequenti sono delle vere e proprie oasi dove ci si può ristorare e godere di un po’ di ombra, oltre che di W.C. quasi sempre impeccabili. In Iran niente di tutto questo. Quei pochi che esistono sono molto trasandati, senza un albero e almeno un frigorifero con po’ da bere. Ci si deve accontentare dei venditori occasionali di frutta che a volte hanno qualche bibita. Attraversando qualche cittadina si può rimediare ad una arsura che non ho mai provato in vita mia.

Finalmente verso il tramonto arrivo a Esfahan, che mi da subito una buona impressione perché tutte le strade principali hanno molti alberi.

Trovo un albergo più che decente e dopo una bella doccia vado a dormire.

DA TABRIZ A TARESTAN 16 agosto

Takestan, ma dov’è? In mezzo al nulla, in una pianura arida e polverosa, ma all’incirca a metà strada tra Tabriz e Isfahan, la prossima meta.
Sono partito abbastanza presto questa mattina. Una mattina incredibilmente fresca e ventosa dopo il caldo atroce di ieri.
Saluti e convenevoli sobri e sinceri. Abbracci con Arash e tanti auguri da parte mia per il prossimo servizio militare che comincerà presto .E naturalmente invito da parte mia a venire in Italia dopo il periodo di naia perché prima non gli danno il passaporto.
Via di corsa verso sud-est. La strada è praticamente un’autostrada senza pedaggio. Si va veloci ma con molta attenzione a dove mandare le ruote della vespa perché spesso è dissestata e ci vuole niente a finire per terra. Più di una volta stava per succedere. Comunque le medie sono alte.
Il paesaggio è molto vario: si comincia con un semideserto dove l’unico segno di vita sono le greggi dei famosi pastori erranti nell’Asia che qui viaggiano in groppa ad asini tanto piccoli che i piedi toccano per terra. Ma quasi all’improvviso spunta il verde dei campi coltivati a mais o cocomeri. Da dove venga l’acqua non si sa, perché di fiumi non c’è traccia
C’è una luce strana, giallastra e siccome ho il sole in faccia mi bruciano gli occhi da morire. Mi devo fermare più volte ad asciugare le lagrime.
Il sistema di distribuzione del carburante è proprio primitivo. E colpisce molto in un paese tra i più ricchi di petrolio. I distributori sono rari anche lungo le strade di grande comunicazione, ed è ancora più raro trovare la benzina più raffinata di cui avrebbe bisogno la mia vespa. Sopperisco al problema con un additivo che mi sono portato da casa. Speriamo funzioni. Per ora corre contenta come non mai, anche a queste temperature torride.
Dopo essermi sistemato nell’unico albergo di Takestan ,chiedo alla persona che mi aveva assegnato la stanza(Mr.Amir) informazioni sul distributore di benzina più vicino. Con il suo stentato inglese(peggio del mio russo) mi fa capire che mi ci avrebbe accompagnato lui. Con piglio da boss fa una telefonata e dopo poco appare una BMW 518 nuova di zecca con tanto di autista. Li seguo al distributore, faccio il pieno e sto per pagare che Mr Amir mi fa capire che ci pensa lui. Mah! Non capisco ma mi adeguo. Allora faccio altre due richieste: un internet cafè e un cambio di dollari. Non c’è problema, si riparte verso la città. Dopo aver parcheggiato e camminando per il centro il Mr. Amir veniva salutato da tutti e con una certa deferenza, proprio come se fosse il boss. Buffa la cosa perché in fondo Amir è un ragazzotto di neanche 30 anni, rotondetto , con gli occhi vispi e espressione simpatica, non aveva niente del boss. Alla fine dei nostri giri, mi porta a vedere la sua creatura: una palestra enorme con tanto di piscina olimpionica. A quel punto gliel’ho proprio detto : ma tu sei un boss!! Si è messo a ridere contento e soddisfatto. Dove abbia trovato i soldi non lo so, forse è figlio di qualche imam importante, comunque il piglio dell’imprenditore ce l’ha proprio. Quando ci siamo salutati mi ha detto che presto vuole venire in vacanza in Italia e sogna soprattutto Venezia. Venezia è senza dubbio la meta preferita per gli iraniani e credo perché lì l’acqua non manca.

TABRIZ 15 agosto (ovvero ferragosto)

Penso a tutti i vacanzieri italiani, ai culi all’aria sulle spiagge, a quelli in coda sulle strade, alle bistecche alla brace dei pic-nic in montagna o in campagna. Ma anche a coloro che sono in casa davanti a un computer perché devono finire un lavoro urgente , e a quei ragazzi minorenni che per forza devono andare a Rimini a divertirsi, perché lo sballo è obbligatorio a ferragosto. E io sono qua in un modo che digiuna nelle ore di luce perché così vuole la tradizione e soprattutto chi comanda. Chiuso in casa perché fuori è un caldo atroce, ma in buona compagnia e coccolato come un principino. Mi riposo dopo tante corse e mi studio i percorsi dei giorni prossimi.
Guardando bene la carta mi rendo conto di quanto grande sia questo paese. Se porto a termine il percorso che avevo in testa devo fare circa 4000 km, di cui circa 1000 di deserto. Sono un po’ preoccupato. Vedremo. Meglio pensare a un passo alla volta.

DA HAKKARI A TABRIZ 14 Agosto

La partenza è stata movimentata da una invasione in grande stile della polizia e dell’esercito turco nel nostro albergo(l’unico decente della città) dove si doveva tenere un meting con qualche politico importante. C’era di tutto: dai poliziotti in assetto antisommossa ai blindati dell’esercito nella piazza antistante, ai cani antibomba che sono passati per tutte le camere. Meglio partire…..

La prima parte è stata spettacolare perché la strada correva nella valle stretta e rocciosa della sera precedente, con un bellissimo fiume che le correva accanto. Poi il panorama si è aperto ritornando nella normalità di tanti campi coltivati e trattori che vanno e vengono .

Il bello è venuto alla frontiera turco –iraniana. Si tratta di una frontiera poco usata dai camion perché fuori delle strade di grande comunicazione. Contento perché pregustavo operazioni rapide mi sono recato al primo controllo. Beh, sono riuscito a entrare in Iran dopo tre ore. Innanzi tutto non si capiva bene cosa si doveva fare, quale sequenza di controlli seguire. E poi ,siccome era l’ora di pranzo, l’impiegato della dogana era andato a mangiare senza nessuna sostituzione. Il tutto in un caldo asfissiante e in un edificio che cadeva a pezzi. Ma guai a dare in escandescenze, meglio prenderla a ridere e fare quattro chiacchere con gli altri malcapitati.

Eccoci in Iran. Paesaggio quasi immediatamente più brullo che in Turchia, ma bello da vedere. A Orumahie c’ è un lago salato molto grande e in via di prosciugamento anche questo, bello da vedere alla luce della sera.

La strada è buona e corro verso Tabriz, dove spero di incontrare Arash, un universitario che avevo conosciuto nella mia prima visita in Iran e sempre in vespa di tre anni fa. Non so come farglielo sapere ma il problema è presto risolto: mi fermo al lato della strada per vedere la carta e fumare la solita sigaretta e dopo 60 secondi accosta una macchina . Scende un tipo tutto sorridente e stringendomi la mano mi fa capire in perfetto farsi che voleva sapere da dove venivo, dove ero diretto e come mi chiamavo (le domande che tutti ti fanno). Insomma Arash è stato messo al corrente del mio arrivo con il cellulare dell’amico improvvisamente apparso. Questo è il biglietto da visita della gente iraniana: grande senso di ospitalità e voglia di fraternizzare con lo straniero.

Incontro Arash alle dieci di sera perché nella bolgia di Tabriz non riuscivo a trovare la Moschea Blu, dove mi aveva dato appuntamento.

Sicuramente non l’avrei mai riconosciuto se non mi avesse chiamato lui. Lo ricordavo come uno studentello del primo anno , tranquillino e quasi timido e lo ritrovo con barba e capelli lunghi e l’espressione da intellettuale che ci davamo nel 68. In mezz’ora ci raccontiamo le nostre cose e poi sono dovuto andare a casa sua, quasi per forza. This is Iran.

A MARDIN A HAKKARI 13 agosto

Arrivando quassù una domanda sorge spontanea: di cosa può vivere una città di 236000 abitanti incastonata tra montagne brulle e aspre(bellissime!!) senza nessuna attività turistica o industriale o agricola? Non ne ho la più pallida idea.
Benvenuto ad Hakkari, nel Kurdistan più Kurdo, mi hanno detto. Effettivamente tutti orgogliosamente ti dicono di essere kurdi. E la presenza massiccia dell’esercito lo conferma.
Arrivare quassù non è stato facile per niente. Un po’ me lo aspettavo, ma è stato molto peggio del previsto.
Sono partito da Mardin abbastanza presto. Giù veloce dalla collina con la bella luce e il fresco (relativo) del mattino presto verso la pianura della Mesopotamia(che nome mitico!) . La strada è molto ben tenuta, si va veloci. Si corre lungo la frontiera con la Siria, i reticolati lambiscono la strada. Il paesaggio è fatto di campi molto ben lavorati soprattutto dal lato turco, perché esiste un sistema di irrigazione molto efficiente che parte dall’Eufrate (altro nome mitico!) e permette anche coltivazioni immense di cotone, altrimenti qua sarebbe un semideserto. Pochi villaggi e tutti in lontananza.
Dopo 200 km di corsa ho il primo inconveniente meccanico: mi si spezza la staffa che regge il portabagagli anteriore. No problem. Al primo distributore c’è anche un meccanico che in quattro e quattrotto me lo ripara.
Si comincia a salire verso nord abbandonando la pianura mesopotamica. L’ambiente diventa via via più ostile, ma più affascinante. I colori della terra e delle rocce vanno dal grigio al giallo al rosso. Sembra davvero l’inizio del deserto. Campi coltivati quasi inesistenti e finalmente cominciano a spuntare i famosi “pastori erranti dell’Asia”. Qualche ruscello striminzito porta un po’ di verde nel fondovalle. Dopo una cittadina orribile dovrei girare a sinistra ma non mi accorgo del cartello e proseguo dritto , anche perché affascinato dalla vista del fiume Tigri(altro nome mitico), e proseguo lungo il fiume per ben 45 km, finchè mi ritrovo in un altro paese orribile con una coda interminabile di camion: ero arrivato al confine irakeno.
Incazzato nero per lo stupido errore torno indietro e questa volta mi infilo sulla giusta strada.
Più si prosegue e più la strada diventa difficile. A un certo punto diventa un cantiere aperto e per una 20 di km si va sulla breccia non sempre rassodata, schivando macchine operatrici, schizzi di catrame e camion che corrono come al solito . E io mangio tanta polvere. Ma il panorama diventa sempre più bello fatto di rocce di un rosso intenso e vallate strette e verdissime per i fiumi che ora sono davvero fiumi. Tanti piccoli villaggi con stuoli di bambini che mandano tanti Hallo!. Appena mi fermo per comprare un po’ di acqua mi circondano in una decina e vogliono sapere come mi chiamo e da dove vengo. Effettivamente non devono passare molti turisti, capisco la curiosità, però sono piuttosto aggressivi . Chiedono “money,money” e una volta mi sono accorto che cercavano di aprire una borsa. Insomma mi ricordano gli sciscià napoletani, simpatici, però……
Nel paesaggio bisogna metterci anche l’esercito turco. L’imponente spiegamento di forze, che ovviamente non so giudicare se esagerato , dice chiaramente chi sia il padrone. I posti di blocco sono tantissimi, a me hanno fermato e controllato il passaporto ben 5 volte in 170 km. Sempre molto gentili e simpatici con me(qualche soldato parlava anche un buon inglese) però mette sempre i brividi passare tra autoblindo e militari in assetto di guerra.
Con tutti questi inconvenienti sono arrivato a circa 60 km da Hakkari quasi al buio, e io odio guidare al buio per strade che non conosco, senza catarifrangenti ai lati e con qualche buca improvvisa. Ma ecco che quasi per incanto la strada migliora, compare anche la striscia di mezzeria e perfino una luna piena luminosissima per l’aria secca di queste parti. E poi si dice che la provvidenza non esiste!!
Finalmente alle otto , stanco morto, arrivo in città. Una città che più la guardo(sto scrivendo dalla terrazza dell’unico hotel aperto) più mi sembra bruttina e caotica.
Poco dopo di me, mentre sto ancora facendo il Chek-in ,arrivano tre motociclisti italiani e di Firenze per giunta. Naturalmente abbiamo fraternizzato e passato insieme la serata.
Oggi si va in Iran,INSH’ALLHA.

A CESME A MARDIN 12 agosto 2011


Ieri sera sul tardi sono arrivato a Mardin, profondo sud della Turkia, a due passi dalla Siria e dall’Irak .
Ho trovato un bell’albergo, Artuklu Karavanserai Otel, sempre su suggerimento della Lonely Planet.
E’ un vecchio caravanserraglio ben ristrutturato proprio al centro della parte storica di Mardin. Questa cittadina mi ricorda i nostri paesi medioevali dell’Italia centrale: abbarbicata in cima a un monte da cui si gode un panorama sensazionale della pianura mesopotamica. Molti palazzi sono in pietra giallastra, ben strutturati e decorati con i tipici intarsi che mi sembrano più arabi che ottomani. Del resto questo è un posto di frontiera dove si mescolano popolazioni arabe-curde- turche. La gente, da quello che ho capito, parla le tre lingue . Forse la convivenza non è delle più facili ma al turista non è dato di capire . Apparentemente sembra di si. Comunque la presenza della polizia e dell’esercito è davvero appariscente.
Sto scrivendo sulla terrazza dell’albergo: la veduta non è magnifica perché hanno pensato bene di costruire una casa nuova proprio per impedire la veduta del panorama. Però si sta bene perché è ancora fresco e il cielo di una limpidezza trasparente, non ancora sciupato dalla calura del giorno che lo rende quasi bianco.
Oggi mi voglio riposare e riprendere un po’ il fiato dopo quattro giorni di trasferimento, con tappe lunghe e faticose ma tutto sommato anche interessanti.
Questa è la terza volta in 3 anni che attraverso la Turkia per tutta la sua lunghezza a tre diverse latitudini. Ormai mi sento a casa in questo paese.
La prima cosa che colpisce del paesaggio turco è lo sviluppo incredibile della sua agricoltura. Sull’altopiano anatolico ad esempio si viaggia per centinaia di km in un campo di grano, e in questo periodo le stoppie giallo oro che riverberano i raggi del sole sembra ti buttino più caldo. E i contadini sono forniti di attrezzature all’avanguadia, segno inequivocabile di abbondanza.
La prima notte ho fatto sosta ad Usak , dove l’unica attrazione è dormire al Domisoglu (secondo L.P. e anche secondo me). Anche questo un antico caravanserraglio splendidamente ristrutturato a fine ottocento da un architetto francese. Bello davvero!!
Dopo altri quattrocento km il giorno dopo sono arrivato a Konia, considerata la città più tradizionale e religiosa della Turkia. Guai a chiedere una birra, soprattutto in questo periodo di ramadan. A proposito la sera prima a Usak ho chiesto dove potevo bere una birra e mi hanno indicato un posto seminascosto in una viuzza vicino all’albergo. Ci vado già pregustando la mia Efes. Salgo le scalette a chiocciola quasi bue e mi ritrovo in un vero e proprio “casino”, con quattro prostitute ucraine (!) che si davano da fare con i clienti. Naturalmente io mi sono bevuto le mie due Efes ghiacciate e sono andato a dormire. E’ proprio vero che il peccato dell’alcol va vissuto in un luogo di perdizione!!
Terza sosta ad Adana, città confusa, rumorosa, cresciuta male. Da dimenticare. In genere le città turche, soprattutto quelle di provincia , hanno avuto una grande crescita urbana negli ultimi 30-40 anni che è stata gestita con un certo criterio, dove si notano subito i servizi di trasporto efficienti, giardini ben tenuti e molto pulite per essere già in oriente. Ma Adana è una triste eccezione.
Molti nomi di città che ho attraversato mi hanno ricordato le prime comunità cristiane che si sono sviluppate proprio in questa regione: Tarsus, la città di Paolo (San), Urfa, Antiochia. Ah! Reminiscenze giovanili!!
Nonostante i tanti km percorsi in cosi’ breve tempo mi sento davvero in forma. Anche la vespa va che è un piacere. Mi sono dato la regola di fermarmi ogni 50-60 km per farla freddare un pochino perché le temperature sono davvero alte, sempre intorno ai 105- 110 gradi fareneit (a proposito quanti gradi celsius sono?) . Ne approfitto anch’io per bere e fumarmi una sigaretta. Gli unici posti dove si trova un po’ di ombra sono i distributori di benzina e quando mi vedono arrivare stracarico e a bordo di questo minuscolo mezzo per simili viaggi mi offrono spesso una tazza di te, con le solite domande: da dove vieni e dove vai. Devo dire che qua tutti sanno dove è il Kazakistan,al contrario che in Italia.
Penso che i prossimi giorni cominci il difficile, perché le strade non sono più di grande comunicazione, si va verso i monti e siamo in Kurdistan, dove l’esercito turco è ancora vissuto come occupante. Devo anche informarmi se il confine con l’Iran che intendo attraversare è regolarmente aperto agli stranieri, perché si trova in un posto particolarmente isolato. Oggi farò una visita alla Polisi di Mardin.

lunedì 29 agosto 2011

Un saluto da Goffry

(Pierluigi) Faccio da messaggero per Goffry che ho sentito via Skype da Tashkent, non riesce ad accedere al blog ma saluta e dovrebbe mandarmi il suo diario in modo da poterlo pubblicare qui

lunedì 8 agosto 2011

CHIOS,isola greca a due passi dalla Turchia

7 agosto 2011
breve riepilogo dei primi giorni di viaggio.
Partenza il giorno 4 agosto da Vicchio del Mugello(per qualcuno il più bel posto del mondo).
Dopo baci e abbracci alla famiglia alle 15,30 metto in moto la vespa,stracarica di bagagli.Il contachilometri segna 26700,la temperatura 90 gradi fareneit(non sono riuscito a mettere i centigradi).
Direzione Foligno perchè oltre che per salutare la mamma e parenti stretti,si trova a metà strada per Ancona,da dove parte il traghetto per la Grecia,purtroppo non esiste più quello diretto per la Turchia.
Sosta di una notte a Foligno.Il giorno dopo altri baci e abbracci e via......pochi metri e sento l'urlo di mia sorella:il casco!!!
Ebbene si,l'avevo dimenticato.Ero proprio emozionato.
Duecento metri e mi fermo a fare il pieno.La giovane cameriera del bar del distributore mi guarda con i suoi occhi grigi da gatta e mi chiede se vado al mare.
"no,vado in Kazakistan"rispondo.Dallo sguardo attonito capisco che non ha capito.
"vado quasi in Cina"le dico.
"ma con quello??"indicando la vespa."e da solu?(a Foligno la u sostituisce spesso la o)
Ebbene si,è proprio lì che vorrei andare.
"allora quando ritorna mi fa vedere le foto?"
Senz'altro,l'anno prossimo però.Ciao.
"buon viaggio".Me l'auguro davvero.
Parto contento e rinfrancato per l'augurio di questa sconosciuta.
Ancona.Imbarco con ritardo di due ore.
A bordo tanti vacanzieri agostani,per lo più italiani.Tanti foulard finto-esotico e tanti "stracci"firmati.
Non mi piace,ma pazienza.Dormo per terra sul ponte interno,accanto ad una famiglia macedone che torna a casa per un pò di ferie.
Arrivo a Patrasso verso le 18,00.Trovo un'agenzia che mi fa il biglietto per Chios per il giorno dopo,con partenza dal Pireo.
Parto a razzo per Atene,ma verso Corinto è già notte e mi fermo a Loutraki .Il posto sarebbe bello, piccola baia,porticciolo minuscolo e acqua limpida,ma hanno costruito un paese osceno.
Sembra fatto in fretta e furia, e tutte le case uguali,disegnate dallo stesso geometra probabilmente. La cosa strana è anche che sulle terrazze delle case non c'è neanche un fiore che almeno potrebbe dare una nota di colore e allegria e invece domina il grigio cemento.Brutto proprio brutto.
L'aspetto migliore di quella cittadina è l'esistenza di 3 o4 ristoranti molto popolari che servono solo pesce.Ho chiesto una porzione di pesce misto in quello dove ho trovato posto perchè tutti strapieni e me ne hanno portato un vassoio che bastava per tre persone.Il tutto per 15 euro,birra esclusa.
Dopo una dormita in un albergo senza fama nè gloria(però si chiama Afrodite)ho ripreso la strada per Pireo e imbarcato per Chios.
E questo è solo l'inizio.












ma la cittadina è uno splendido esempio











venerdì 29 luglio 2011

Goffry riparte ......

Da qui seguiremo le nuove avventure di Goffry lungo la Grande Via Della Seta